Con la pronuncia in oggetto, la Corte di legittimità ribadisce che il captatore informatico non costituisce un autonomo mezzo di ricerca della prova, ma solo una particolare modalità tecnica per effettuare l’intercettazione delle conversazioni tra presenti. Di conseguenza, il trojan horse non può rientrare tra i metodi il cui utilizzo, per l’effetto di pressione sulla libertà fisica e morale della persona, sia vietato dall’art. 188 c.p.p., atteso che non mira a manipolare o forzare un apporto dichiarativo, ma, nei rigorosi limiti in cui sono consentite le intercettazioni, capta le comunicazioni tra terze persone, nella loro genuinità e spontaneità.
https://penaledp.it/brevi-note-sul-rapporto-tra-trojan-horse-e-liberta-di-autodeterminazione/